FERMENTAZIONE E SOSTENIBILITÀ

Il motivo per cui mi piace tanto la fermentazione è il modo in cui riesce a trasformare gli alimenti. I microrganismi riescono a sviluppare nuovi sapori, anche molto intensi e piacevoli, aumentare i valori nutrizionali e arricchiscono il cibo con la loro presenza, arricchendo poi il nostro ecosistema, ovvero il microbioma. Oltre a elevare l’alimento, lo rendono conservabile a lungo termine, come succede per le verdure fermentate. Un esempio molto famoso è quello dei crauti, imbarcati sulla nave del Cap. Cook. Durante le sue spedizioni esplorative, nel XVIII secolo, fu uno dei primi a risolvere il problema dello scorbuto proprio grazie al cavolo cappuccio fermentato. Tenendo a bordo grandi quantità di crauti per lunghi periodi, si garantiva una dieta che proteggesse la ciurma dallo scorbuto. Un vero e proprio primo caso di “superfood”.

Un aspetto che spesso viene sottovalutato nella fermentazione è quello legato alla sostenibilità. Le fermentazioni sono in grado di dare una grossa mano al settore alimentare, dal punto di vista della sostenibilità.

Conservazione

Il primo aspetto, e forse più intuitivo, è legato alla conservabilità. Se fermentiamo una verdura, questa si conserva a lungo e non rischiamo di buttarla e sprecare cibo. Tuttavia, questa scelta va impostata prima che la materia prima inizi a deperire, altrimenti anche il fermentato che ne risulterà sarà di cattiva qualità. Un esempio di riduzione dello spreco lo abbiamo portato avanti materialmente anche nella mia azienda, producendo verdure fermentate a marchio Orto Fermentato recuperando una grande quantità di cavolo cappuccio che rischiava di rimanere invenduto. In quell’occasione abbiamo dimostrato in modo tangibile la quantità di cibo salvata dal macero.

Nuova vita per gli "scarti"

Un secondo aspetto più legato al mondo della ristorazione è la possibilità di recuperare quelli che sembrano scarti alimentari ma invece possono essere trasformati in alimenti fermentati molto saporiti e interessanti. Dove una cucina meno attenta vede uno scarto da buttare, uno chef innovativo, vede una materia prima per un fermentato.

La sostenibilità attraverso l'inclusione e il territorio

Un ultimo aspetto che lega la fermentazione alla sostenibilità è anche connesso all’inclusione sociale. La fermentazione è un processo a basso costo, dove non sono richieste grandi quantità di energia (i microrganismi fanno la maggior parte del lavoro), attrezzature specifiche (spesso basta un barattolo) o materie prime costose. Eppure, si riesce a creare alimenti fermentati con profili organolettici unici, “gourmet”, associabili solitamente a un’esperienza culinaria alta, anche nel prezzo. La fermentazione permette ai ristoranti di creare piatti originali ed entusiasmanti, sfruttando le materie prime del proprio territorio e alimenti spesso considerati poveri. La fermentazione è una sorta di ascensore sociale che permette esperienze da ristorante stellato con materie prime popolari. Questo crea un volano che potenzia l’uso di prodotti locali e, a mio avviso, rende molti prodotti vegetali poveri, interessanti quanto ricercati tagli di carne. Anche in questo modo, si riduce notevolmente l’impatto ambientale derivante dagli alimenti.

Buona fermentazione…sostenibile!

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Su Pillonet dal: Giugno 17, 2022
Questo articolo è stato scritto da: Flavio Sacco
Oggi, mi occupo di fermentazione degli alimenti in maniera quotidiana e professionale, tenendo corsi, seminari e facendo opera di divulgazione attraverso i social e il mio blog fermentalista.com. Da qualche anno sono cofondatore di LIFe - Laboratorio Italiano Fermentati, un'azienda specializzata nello sviluppo, produzione e distribuzione di alimenti fermentati, come le verdure fermentate a marchio Orto Fermentato. Ho iniziato a scrivere con molto piacere su Pillole Culinarie per far conoscere meglio gli alimenti fermentati e togliere quell'alone di mistero che spesso li contorna e far tornare le persone ad essere amiche dei microrganismi!
Illustrazione
Questa illustrazione è stata realizzata da Giorgia Iacobelli
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